Fast fashion? No grazie!

Meglio un mondo lento ma sano ché uno veloce ma malato.

Andrea Congedi

Il fast fashion è un aspetto della moda che consiste nell’esprimere design stilistici con un impatto talmente grande da influenzare la moda e spingere milioni di persone a comprare vestiti da essere usati e gettati rapidamente, tutto ciò generato dal basso costo.

Questo fenomeno nasce negli anni 80 ed ha come punto di splendore dagli anni 2000. L’impatto del fast fashion ha rivoluzionato il nostro modo di vestirci molto più di quanto immaginiamo, basti pensare al numero di collezioni da 2 (primavera/estate; autunno/inverno) a decine di collezioni ; ma di ciò solo pochi consumatori si pongono la domanda di capire l’origine di questo modello di business. Il fast fashion innesca tutta una serie di eventi negativi dannosi per l’uomo e per il pianeta. Prima di addentrarci nel cuore dell’articolo vi dò alcuni dati che dimostrano l’insostenibilità di questa moda.

Lavoratori con uno stipendio dignitosoMilioni di tonnellate di rifiuti all’annoMiliardi di capi acquistati al giornoLitri di acqua per produrre una T-shirt
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Le problematiche più grandi sono 5 e tutte pesano sulla nostra responsabilità:

1° DIMINUZIONE DELLE RISORSE NATURALI: Ogni industria è dipendente da materiali fossili di cui per estrarli e lavorarli si usano svariate tecniche con svariati impatti ambientali. E l’industria della moda non è da meno, per la produzione di un capo d’abbigliamento tra materiali e manodopera si può veramente attraversare l’intero globo. Il danno ecologico non è solo colpa della produzione ma anche del trasporto, un capo che viene venduto in Francia o qualsiasi altra nazione avrà viaggiato per migliaia di km, fateci caso all’etichetta!

2° SCHIAVITù MODERNA: No non è il nome di un film e nemmeno un nome clickbait; per quanto possa risultare altisonante sono le reali condizioni degli uomini che lavorano dietro a questo fenomeno (ho detto volutamente uomo perchè un operaio prima di essere considerato tale è un uomo). Ore di lavoro massacranti anche 12 ore al giorno esclusi gli straordinari che sono la normalità e per di più sottopagati, condizioni di lavoro pessime e stipendi rasenti la miseria più totale; Potreste anche dire che ci sono i robot ed è vero ma non permetterebbero di abbattere i costi in modo tangibile e non possono essere impiegati per tutti i capi d’abbigliamento.

3° SFRUTTAMENTO ED INQUINAMENTO DELLE RISORSE IDRICHE: Circa il 20% dell’inquinamento delle risorse idriche del pianeta dipendono dall’industria della moda, i coloranti e i battericidi non sono certo prodotti natuali o privi di rischi. Nonostante la ricerca nel corso degli anni abbia fatto passi da gigante, in paesi tipo Cina, Bangladesh, India si fà ancora largo uso di cromo, piombo e formaldeide; Si fà presto a cadere della trappola dell’economicità!

SFRUTTAMENTO DEL SUOLO: Negli ultimi due decenni abbiamo assistito a una biodiversità costantemente in calo, tutto questo tramite lo sfruttamento del suolo. E per far posto alla sempre maggiore estenzione dei campi di cotone siamo arrivati ad abbattere il 20% delle aree forestali del pianeta con tutte le conseguenze che ne derivano. Ad esempio le emissioni di CO2 sono aumentate del 60% negli ultimi 10 anni.

CONSUMISMO E SPRECHI: In occidente negli ultimi 20 anni l’acquisto di abiti è aumentato del 400%, un aumento vertiginoso dovuto al calo dei prezzi e della qualità generale, in tal modo siamo tutti invogliati, chi non lo sarebbe!? Ad acquistare abiti anche solo per un occasione per poi cadere nell’oblio.

Sfruttamento minorile in una fabbrica di vestiti

E come soluzione cosa si potrebbe fare? Sarebbe facile rispondere dicendo di on acquistare più nulla dalla catena del fast fashion ma in realtà non sarebbe la soluzione corretta, è vero che si ridurrebbe il problema degli sprechi ma è anche vero che questi uomini hanno bisogno di lavorare per le più disparate necessità. E fidatevi quando dico necessità perchè se non fosse per necessità nessun uomo si farebbe sfruttare.! Fatta questa premessa la soluzione migliore è semplicemente quella di diminuire gli acquisti e di usare il capo acquistato per svariato tempo, in questo modo riducendo il giro di vendite le aziende sono obbligate ad aumentare le condizioni di sicurezza e riconoscere i diritti negati. E se siete arrivati fino alla fine dell’articolo vi ringrazio della pazienza e arrivederci al prossimo articolo. Ma non prima di lasciarvi a una piccola riflessione personale…

1. Abbiamo appena compreso che il fast fashion non è sbagliato ma è sbagliato l’uso che ne facciamo.

2. Siamo davvero sicuri che per essere felici ci servono tanti vestiti? O potrebbe essere solo la voglia di avere più attenzioni che non siamo più capaci di esprimere a parole? Rifletteteci…potrebbe non essere così scontato.